Dipendenza da smartphone: MioDottore ne spiega i rischi

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In occasione della ricorrenza del primo squillo di cellulare (che ricorre il 3 Aprile e che si fa risalire a 45 anni fa), MioDottore ha voluto dare una panoramica sulla dipendenza da smartphone, su come riconoscerla e come affrontarla in questo mondo sempre più connesso, con pregi e virtù.

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Con la possibilità di essere sempre connessi, sempre rintracciabili e sempre “always-on” la nostra vita e il nostro stile si è modificato, portando con sé anche alcune complicazioni e problematiche. MioDottore, piattaforma che è specializzata nella prenotazione online di visite mediche (facente parte del gruppo DocPlanner) ha messo un suo specialista, la dottoressa Patrizia Mattioli (psicologa e psicoterapeuta di Roma) al servizio degli utenti per cercare di capire al meglio come utilizzare i nuovi mezzi.

Secondo quanto riportato dalla dottoressa non ci sono solo ombre (come quella della dipendenza da smartphone) ma anche cose positive legate agli smartphone e alla connettività con la Rete. Infatti alcuni aspetti della vita sono stati semplificati avendo accesso a una conoscenza che prima era riservata solo a libri e tecnologie di informazione diverse; inoltre è più semplice rimanere in contatto con persone lontane o anche conoscerne di nuove.

Ma ovviamente c’è anche un rovescio della medaglia: bisogna avere l’accortezza che la vita vissuta nel mondo virtuale non si vada a sostituire al piano reale. Insomma, la vita online non dovrà essere l’unica interfaccia per imparare, comunicare o porsi in relazione con altre persone (e non lo dovrà essere in maniera prevalente). Un altro aspetto da valutare è poi la possibilità di “nascondersi” dietro uno schermo con meno freni.

Ma quando si può parlare di dipendenza da smartphone o più in generale di dipendenza dalla tecnologia? Secondo l’esperta, è “quando si intravede il rischio di una centralità della tecnologia a scapito della realtà, quando vengono trascurate le altre aree personali e quando questo non corrisponde a un miglioramento della qualità della vita”.

In questo caso si parla di internet addiction che è simile ad altre “dipendenze” dal punto di vista tecnologico. Si cerca quindi di trovare una soluzione a un problema che è nella vita reale (passando dall’inadeguatezza) non riuscendo poi a gestire le proprie relazioni online.

A esserne colpiti sono i giovani e giovanissimi, con la dottoressa Mattioli che dice “i più giovani sono massicciamente presenti sui social network e quasi non usano più il cellulare per chiamarsi ma comunicano per messaggi via chat, immagini e melodie. Il fatto di poter essere in contatto potenzialmente sempre, rimpicciolisce gli spazi individuali e potrebbe interferire con il consolidamento dell’identità personale. Difficile dire quanto questo sia realmente un rischio e non piuttosto un’opportunità in considerazione dei rapidi cambiamenti che avvengono a livello sociale. Cellulari e rete avvicinano le persone ma lo fanno in modo distante, le relazioni che si stabiliscono o si mantengono unicamente nel virtuale sono relazioni incomplete”.

Ecco dunque tre regole base che serviranno a gestire al meglio “digital detox“, che rimane uno strumento consigliato ma che deve essere affrontato in maniera da risolvere problematiche che probabilmente vanno oltre al mondo tecnologico, e che si sfogano in quest’ultimo.

  • scandire il tempo dedicato al virtuale con uno strumento esterno
  • prima di avvicinarsi allo smartphone, domandarsi a quale bisogno si sta rispondendo e cosa succederebbe se non ci si potesse connettere
  • costruire strumenti di barriera per arginare l’intrusività esterna (come l’arrivo di email o messaggi), ad esempio silenziando il telefono in certi orari della giornata