+ Rispondi alla Discussione
Risultati da 1 a 10 di 31
-
13-03-2012 21:11 #1
L'alimentatore
INTRODUZIONE:
L'alimentatore di un PC esteticamente si presenta come una scatola rettangolare, con un lato ricoperto da una griglia con la ventola e altri due lati dove si trovano rispettivamente la presa di ingresso e quelle di uscita. L'alimentatore è necessario per prendere la corrente alternata a 230V della linea elettrica a muro delle normali abitazioni italiane e convertire tale corrente ai valori di funzionamento dei componenti di un personal computer. Di conseguenza l'alimentatore è il pezzo al quale viene collegata fisicamente la spina che dal muro arriva fino al case (la scatola) del computer ed è il primo in cui entra la corrente per poi distribuirla, opportunamente modificata, ai componenti interni del computer. Esso viene anche chiamato con il termine inglese Power Supply o con l'acronimo PSU.
L'alimentatore di un PC è l'unico componente ad essere considerato "a basso contenuto tecnologico", ovvero le sue parti interne non sono miniaturizzate con complicati macchinari e, in linea teorica, anche un bravo artigiano può comprare separatamente gli elementi che lo compongono e costruirsi il suo alimentatore su misura. Tale fattore ne semplifica enormemente la spiegazione rispetto ad altri componenti.
PERCHE' SERVE UN BUON ALIMENTATORE:
Col passare degli anni è risultato sempre più fondamentale avere alimentatori di buona qualità. Questo perchè con l'avanzamento tecnologico i componenti del computer sono sempre più esosi di potenza e sempre più "delicati" nella ricezione dei valori di corrente e voltaggio, i quai devono essere quanto più stabili e regolari possibile, mentre la linea elettrica nazionale ha margini di variazione estremamente ampi che non sarebbero tollerabili. Compito dell'alimentatore è quindi quello di compensare il più possibile tali variazioni e fornire una potenza ampia, stabile e precisa ai componenti.
La precisione nei valori di alimentazione dei componenti è estremamente variabile anche in base al carico stesso che l'alimentatore deve supportare. Un buon alimentatore deve quindi saper reggere carichi diversi (basti pensare al consumo di un computer a riposo o in piena elaborazione) cercando di fornire valori quanto più simili possibili.
Inoltre un alimentatore, nella trasformazione dell'energia della linea elettrica in quella necessaria per far funzionare il pc, "brucia" una certa quantità di potenza in energia termica, quindi un buon alimentatore è sempre accreditato di un'alta efficienza, ovvero dalla capacità di bruciare la minor percentuale di energia possibile all'atto della trasformazione, riducendo in questo modo i consumi dell'intero computer e abbassando le temperature di funzionamento dell'alimentatore stesso, e quindi fornendogli una vita media più lunga e un rischio di rottura più esiguo. Per meglio indicare l'efficienza di un alimentatore sono stati introdotti alcuni standard di cui se ne fa una ampia discussione qui: http://www.techstation.it/forum/case...-risparmi.html
Infine nel corso del tempo si stanno susseguendo standard di risparmio energetico in modalità standby e spegnimento sempre più stringenti per motivi sia economici che ambientali. In quanto qualsiasi apparecchio elettrico collegato alla presa elettrica continua a consumare una minima quantità di corrente anche da spento. Un buon alimentatore deve quindi far sì che tale consumo sia il minore possibile, rispettando ad esempio, lo standard ErP Lot 6.
COSA FA UN ALIMENTATORE:
In che cosa consiste il problema dell' alimentazione dei circuiti elettronici? Possiamo schematizzare in questo modo:
- I circuiti elettronici funzionano essenzialmente in corrente continua (cc o in inglese, DC - Direct Current), mentre l' energia elettrica, per varie ragioni, principalmente riferite al rendimento della rete, è distribuita sotto forma di corrente alternata (ca o in inglese AC - Alternate Current). A parte i dispositivi che funzionano a batterie, tutti gli altri dipendono dall' energia distribuita dai vari enti nazionali, quindi dalla corrente alternata. Occorre innazitutto trasformare la corrente alternata disponibile sulla presa a muro in corrente continua.
- Le tensioni di funzionamento dei circuiti integrati, come le CPU e le varie funzioni di supporto, sono molto basse. I semiconduttori, per raggiungere le elevate frequenze di lavoro e le alte prestazioni necessarie ad un computer, sono realizzati con strati sottilissimi di materiali particolari, condensando in pochi millimetri quadrati centinaia di miglia di funzioni: questi elementi possono sopportare solamente tensioni molto basse, al di sopra delle quali i chip si danneggiano irrimediabilmente. Le tensioni di funzionamento dei componenti interni di un sono solitamente 12V, 5V e 3,3V a seconda del componente in questione.
Anche le tensioni usate per le parti elettromeccaniche, come i motori dei CD, sono basse, tipicamente 12V, sia perchè sono impegnate potenze molto limitate, sia perchè minore è la tensione e minore è il rischio per l' utente.
L' energia elettrica è distribuita a tensione molto più elevata (230V in Europa e altre parti del mondo, 117V negli USA), per cui la seconda necessità è quella di abbassare questa tensione a livello adatto ai componenti elettronici - La distribuzione dell' energia elettrica riguarda non un singolo utente, ma una intera nazione o più nazioni, essendo le reti elettriche ormai interconnesse tra loro a livello continentale, almeno in Europa e negli USA. Quindi il valore della tensione fornita risente delle variazioni di carico dovute alla molteplicità degli utenti, da quello domestico alle acciaierie, dalla illuminazione stradale alle ferrovie; questo valore, standardizzato in Europa a 230V può allora variare entro un ambito abbastanza ampio (+/-20%). Per contro i circuiti elettronici richiedono una variazione molto minore, solitamente non oltre il +/-5% o anche meno, limite oltre il quale essi si danneggiano irrimediabilmente. Sorge la necessità di stabilizzare la tensione.
- Sulla rete elettrica, poi, sono presenti disturbi che si rifletto in picchi di sovra e sotto tensione rapidi ed improvvisi, dovuti alle manovre nelle centrali di distribuzione, all' inserimento e distacco di grossi carichi industriali, ai fulmini e così via. E' obbligatorio evitare che queste condizioni anomale si riflettano sull' elettronica, che ne sarebbe danneggiata. La stabilizzazione deve essere di ottima qualità.
- Inoltre, le normative prevedono che i circuiti con cui l' utente possa entrare in contatto debbano essere al di sotto dei limiti di pericolosità, fissati a 65V, oltre i quali il pericolo di folgorazione diventa grave. In effetti la tensione massima tipica delle apparecchiature elettroniche è ancora più bassa (24 o 48V) ed riservata ad impieghi particolari (telefonia, motori, circuiti alimentati da accumulatori, ecc); per piccoli apparecchi le tensioni tipiche sono quelle da 12V in giù. Non sarà mai sufficientemente ribadita la pericolosità dei circuiti elettrici ed in particolare del contatto accidentale con i cavi della corrente alternata che tutti abbiamo in casa. Un punto di estrema importanza, dunque, è quello di isolare assolutamente l'utente dalla rete di distribuzione, onde evitare i gravissimi rischi di contatto con le alte tensioni ed energie disponibili.
Riassumendo, le richieste di un circuito elettrico e le condizioni di utilizzo di un computer, pretendono che l'alimentatore svolga determinati compiti e risolva determinate problematiche che elenchiamo qui di seguito:
- corrente continua
- a bassa tensione
- molto stabile e precisa
- priva di disturbi
- isolata dalla rete luce
- poca energia dispersa ed alto rendimento
- sistema di sicurezza d'emergenza per salvaguardare l'utente
L' alimentatore deve svolgere tutte queste funzioni. nei seguenti paragrafi vedremo come si eseguono singolarmente queste funzioni, prendendo l'elenco sopra indicato come riferimento per vedere come ci si occupa ad una ad una di queste cose.
NOTA: Per chi desidera una lettura superficiale senza scendere nei dettagli tecnici, è possibile leggere direttamente i paragrafi AT: ESTERNO e ATX: ESTERNO
DA CORRENTE ALTERNATA A CONTINUA:
Per trasformare la corrente alternata in continua, non ci sono particolari problemi: questo primo punto viene risolto usando proprio un componente elettronico, il diodo, che trasforma il flusso alternato (bidirezionale) in continuo (o meglio, pulsante). Al suo seguito va tipicamente un condensatore, che "riempie" i vuoti della pulsazione fino ad ottenere un flusso continuo della corrente.
Simbolo del diodo ed esempio di diodo reale (1N4007):
Simbolo del condensatore e condensatore reale:
Non stiamo qui a dettagliare come funziona la cosa; diciamo che il diodo lascia passare la corrente in una sola direzione e il condensatore livella le semionde. Per chi ne volesse saper di più, è possibile recuperare informazioni in qualsiasi manuale di fisica elementare o sul WEB.
A noi qui basti il fatto che abbiamo ottenuto la corrente continua desiderata (a voler essere pignoli, in effetti è una corrente pulsante, ma almeno è unidirezionale).
Il primo punto è ottemperato : abbiamo trasformato la corrente alternata in continua.
PASSAGGIO A BASSA TENSIONE E ISOLAMENTO:
Valore della tensione e isolamento sono risolti in un colpo solo, usando un altro componente tipico, il trasformatore.
Sostanzialmente si tratta di due o più avvolgimenti di filo di rame isolati reciprocamente con dello smalto, i quali vengono avvolti attorno ad un nucleo magnetico. L' avvolgimento in cui entra l' energia da trasformare si definisce "primario", mentre quello da cui l' energia è prelevata dopo la trasformazione si chiama "secondario". In base al rapporto tra le spire del primario e del secondario, il trasformatore porta la tensione secondaria al valore voluto e nel contempo isola la rete dall' utente. Si possono realizzare trasformatori con molti più avvolgimenti che non i due indicati ora, quindi da un'unica tensione in ingresso sull'avvolgimento primario, ricavare diverse tensioni di uscita su più avvolgimenti secondari.
Nelle immagini qui sotto, la schematizzazione di una applicazione del trasformatore: la tensione di ingresso, alternata, viene ridotta di valore dal trasformatore; al secondario, che si trova ora isolato dal primario, facciamo seguire il raddrizzatore ed ecco ottenuta la corrente continua.
=
+
+
Con lo schema sovrastante abbiamo risolto quindi in un solo colpo i punti 1, 2 e 5 della nostra lista.
In effetti una cosa del genere costituisce già un dispositivo realmente presente in commercio, come ad esempio i trasformatori della maggior parte dei piccoli apparecchi elettronici. Inoltre un circuito simile, con qualche possibile variazione, come la presenza di un limitatore di corrente, funge da caricatore per le batterie di apparecchi portatili come cordless o cellulari.
STABILIZZAZIONE:
Oltre al oltre al trasformatore, il diodo e il condensatore ci vuole dell'altro. Questo perchè come abbiamo detto la tensione della linea elettrica è solo nominalmente di 230V ma è soggetta ad escursioni anche di + o - il 20% per cause sia tecniche di lavori sulla centrale elettrica che accidentali come ad esempio quelle meteorologiche. Tali variazioni, senza opportune precauzioni, si ripercuotono direttamente sulla trasformazioni a 12V, 5V o 3,3V delle linee dell'alimentatore e non sono sopportate dai delicati componenti che vengono alimentati.
Il problema della stabilizzazione è sicuramente il più complicato tra quelli da affrontare. Per capire come risolverlo a pieno, è necessario procedere per gradi, prima di tutto daremo dei brevi richiami di fisica e un esempio semplificato dove consideriamo di voler modificare una tensione di ingresso fissa, dopodiché mostreremo la più semplice soluzione reale al problema che è stata regolarmente usata fino alla fine dello scorso millennio e ce viene ancora usata sugli alimentatori di fascia molto bassa; infine proveremo a mostrare qual'è la più complicata attuale soluzione:
A) Cenni di Fisica:
Ricordiamo la famosa Legge di Ohm, la quale dice "semplicemente" quale è il legame tra corrente, tensione e resistenza in un circuito elettrico e si esprime nella formula seguente, nelle sue tre variazioni :
V = R * I _____ I = V / R _____ R = V / I
dove V è la tensione, I la corrente (intensità) e R la resistenza.
La tensione V si misura in volt , simbolo V
La corrente I si misura in ampere , simbolo A
La resistenza R si misura in ohm , simbolo Ω
La prima lettura V = R * I è quella che più ci interessa e ci permette di vedere che se una corrente I passa attraverso una resistenza R , ai sui capi deve essere disponibile una tensione (o si forma una caduta di tensione) V pari al prodotto di R per I.
Dunque, se ad un circuito aggiungo una resistenza R, su di essa, a seconda della corrente che circola si "perderà" una certa parte della tensione.
Se alimento con una tensione Vin un circuito in cui circola una corrente I e che contiene la resistenza R, la tensione in uscita Vout sarà data da :
Vout = Vin - Vr
dove
Vr = R * I
Posso allora far variare la tensione Vout cambiando il valore della resistenza R : se rendo variabile il valore della resistenza, posso adeguarla ad ogni variazione del valore di Vin, in modo che la tensione Vr = R * I sia tale da compensare ogni variazione e mantenere costante Vout.
Per semplificare con qualche numero, se ho una Vin di 14 volt e devo ottenere una Vout di 12 volt, dovrò eliminare :
Vr = Vin - Vout = 14 - 12 = 2 V (1)
Se la corrente I è di 1 ampere, la resistenza sarà :
R = Vr / I = 2 / 1 = 2 ohm (2)
Sembrerebbe semplice, ma non lo è. Infatti la cosa funziona perfettamente se la tensione di ingresso ha un valore fisso, ma abbiamo detto che la tensione Vin può variare ampiamente; se cresce, la differenza con Vout diventa maggiore e viceversa. Con 13V di ingresso, in uscita avrò 11V !
Quindi per avere costante la differenza, il valore della R dovrebbe essere variabile ed adattarsi a tutte le possibili situazioni, altrimenti con Vin cambia anche Vout e a noi, invece, serve che essa resti quanto più costante possibile. Inoltre, anche la corrente I può cambiare a seconda della potenza assorbita dal carico e, di nuovo, se R ha un valore fisso, non potrà essere adatta a tutti i valori che la corrente può assumere, come si vede bene dalla (2).
B) Prima soluzione: regolatore lineare
Fatta questa premessa possiamo finalmente vedere come si risolve il problema della stabilizzazione in un alimentatore: dopo il raddrizzatore inserisco in serie una resistenza variabile (Per chi proprio non ha idea, diciamo approssimativamente che è una cosa come il controllo del volume della radio). Agendo sull manopola della resistenza, ne faccio variare il valore in modo da mantenere costante la tensione in uscita sia al variare del carico, sia al variare della tensione di rete; per ogni combinazione possibile di Vin e I modifico il valore di R in modo che la tensione di uscita sia costante.
Si può giustamente obbiettare che non è pensabile di variare a mano questa resistenza perchè non c'è modo di intervenire con sufficiente prontezza sulle rapide variazioni della tensione di rete e non avrebbe senso passare il proprio tempo a mantenere stabile la tensione di alimentazione di un apparecchio invece di utilizzarlo! Fortunatamente ancora l' elettronica ci viene in aiuto:
Con il circuito qui sotto semplificato, il problema è risolto: la resistenza variabile è sostituita da un transistor e la manopola di comando della resistenza variabile è sostituita da un circuiti elettronico (il rettangolo reg. nello schema) che controlla lo stato della tensione in ingresso, comparandola con quella di uscita ed attribuisce al transistor-resistenza variabile, istante per istante, il giusto valore per ottenere una caduta di tensione tale da mantenere l' uscita perfettamente stabile. Il circuito reg. agisce in tempi brevissimi e con una grande precisione e la variazione del transistor-resistenza è praticamente istantanea e continua, senza alcun intervento dell' utente.
Simbolo del transistor
Questa soluzione si chiama "regolatore lineare" perchè l'elemento di regolazione varia in modo continuo, lineare appunto, il suo valore adeguandosi alle condizioni imposte; è una soluzione che permette stabilità più che ottime (per circuiti un poco più complessi si arriva facilmente allo 0,1% o meglio) con una qualità della tensione in uscita eccellente, priva di ondulazione e disturbi.
-
13-03-2012 23:20 #2
Abbiamo detto che il transistor, pilotato dal regolatore, mantiene costante la tensione in uscita variando la sua resistenza: se la tensione in ingresso è troppo alta oppure se il carico varia la corrente richiesta al ribasso, il regolatore aumenta la sua resistenza ( e il prodotto V=R*I cresce); se la tensione in ingresso scende o se il carico aumenta la richiesta di corrente, la resistenza del regolatore diminuisce; in questo modo la caduta di tensione sulla sua resistenza compensa sempre esattamente la differenza tra Vin e Vout. La regolazione della tensione in uscita è ottenuta quindi variando la caduta di tensione ai capi del transistor. In questa situazione, il transistor è l'elemento di regolazione in serie. Infine è bene sottolineare che questo meccanismo è in grado di effettuare solo regolazioni al ribasso, ma non al rialzo; quindi il trasformatore che precede il regolatore, se ad esempio si vogliono ottenere sempre 12V, non dovrà trasformare direttamente a 12V ma a un valore di sicurezza più alto (ad esempio 15V), altrimenti sarà impossibile effettuare stabilizzazioni quando la linea elettrica avrà cali di tensione.
C) Soluzione avanzata: Modalità a Commutazione
Unico problema del regolatore lineare è che la tensione in eccesso che viene eliminata dal transistor, viene poi tutta dissipata in calore, conferendo un efficienza complessiva al dispositivo di circa il 60-70%. Inoltre tale potenza sprecata deve essere adeguatamente dissipata con ingombranti dissipatori metallici aumentando la dimensione complessiva del dispositivo. Per questi motivi, negli ultimi anni sono stati introdotti altri metodi più complessi del regolatore lineare, in modo da ottenere una maggior efficienza energetica. Il più noto di questi metodi è lo switching mode o anche modalità a commutazione.
Per tentare di spiegare le differenze tra regolatore lineare e switching mode possiamo in prima analisi affidarci a questo esempio:
"Immaginiamo di avere un rubinetto e di dover riempire una vasca. A seconda di come apro il rubinetto, la quantità di acqua che scorre varierà e ci vorrà più o meno tempo per riempire la vasca. Supponiamo ora che la vasca abbia uno scarico che porta via una certa quantità di acqua: devo regolare l' afflusso in modo che la vasca sia sempre ad un livello costante. Allora basterà regolare il rubinetto in modo che la quantità di acqua che entra sia uguale a quella che esce; se esce più acqua, apro di più il rubinetto e se ne esce di meno, lo chiudo maggiormente.
Una regolazione del genere è di tipo lineare, in quanto posso aprire il rubinetto in qualsiasi posizione dal massimo al minimo (regolatore lineare).
Ma posso regolare anche l' afflusso dell' acqua in un altro modo: supponiamo di lasciare aperto al massimo il rubinetto e di chiuderlo con un dito. Se lo chiudo l' acqua non passa, se tolgo il dito, l' acqua passa. Ora, chiudendo e aprendo con la giusta cadenza l'accesso all'acqua posso fare si che la quantità che entra in un certo tempo sia uguale a quella che esce nello stesso tempo e mantenere il livello costante esattamente come nel caso precedente. (switching mode)
Ovviamente ci sarà chi potrà protestare dicendo che, all' atto pratico, non è una cosa molto sensata da fare per riempire una vasca : non ci sarebbe vantaggio dallo stare li a chiudere e aprire il rubinetto a mano lo stesso rubinetto che, se regolato, fa da solo la giusta funzione. Però questo è solo un esempio e , a pensarci con cura, qualche vantaggio viene in mente, ad esempio il rubinetto viene grandemente semplificato in quanto serve solo che sia chiuso o aperto e non serve alcuna apertura intermedia; se poi pensiamo di demandare ad un automatismo il compito dell' apri-e-chiudi, la cosa non è poi tanto bizzarra."
Riportando l'esempio del rubinetto al nostro problema principale, tutto acquisisce un senso dal momento che si dice che il transistor prima vista assume un comportamento estremamente efficiente se invece di regolare la propria resistenza a stati intermedi, viene completamente chiuso o completamente aperto, comportandosi di fatto come un interruttore. Tale transistor-interruttore viene regolato da un apposito circuito che lo tiene chiuso per un determinato tempo Ton variabile e aperto per un tempo Toff tale che comunque Ton + Toff = Tcyc, dove Tcyc è sempre costante ed è il periodo complessivo, e di conseguenza anche la frequenza F = 1/Tyc rimane costante non richiedendo variazioni fisiche del circuito. Questo approccio si chiama PWM ovvero Pulse Width Modulation, modulazione ad ampiezza di impulso.
Perchè il tutto funzioni attenuando gli stacchi netti dell'interruttore sono necessari condensatori di grosse dimensioni detti condensatori primari che, scaricandosi quando l'interruttore è aperto, danno continuità alla corrente, mentre invece degli induttori eliminano i picchi bruschi che si creano alla chiusura dell'interruttore, creando un cosiddetto circuito LC che fa in modo che la corrente rimanga in continua in uscita nonostante gli stacca-attacca dell'interruttore:
Sostituendo quindi al posto dell'interruttore un transistor che si comporti come un interruttore, lo schema diventa il seguente:
Lo schema qui sopra è una semplificazione estrema : i circuiti pwm reali possono essere parecchio complessi e fitti di componenti, perchè è necessario considerare molti altri fattori. Oltre a questo, le tipologie circuitali con cui è possibile ottenere un risultato analogo sono molteplici e la loro implementazione pratica diversissima . In generale chiamiamo switch mode tutti quei circuiti che funzionano su un principio analogo a quello ora spiegato.
Per far funzionare il nostro regolatore è tuttavia necessario fare giusto altre 2 rapide considerazioni:
Come prima cosa dobbiamo tener presente che il principale problema sta nel trattare le correnti e non le tensioni. Ricordando la formula della potenza P = V * I ci rendiamo conto che, a parità di potenza, se lavoriamo su tensioni più alte, serviranno correnti molto più bassa, riducendo di molto lo spessore dei cavi del circuito di regolazione PWM. Quindi spostiamo il regolatore prima di ogni altra operazione, e soprattutto prima anche del trasformatore, lasciando dopo il trasformatore solo il circuito per passare da corrente alternata a continua col diodo.
facendo un rapido esempio possiamo constatare subito il beneficio apportato da tale collocazione:
"Supponiamo di avere la necessità di realizzare un alimentatore che eroghi 300W a 12V partendo dalla rete a 230V.Se si devono trattare 300W sul lato della tensione di rete, ovvero a 230V, ho a che fare con una corrente piuttosto bassa, data da :
I = P / V = 300 / 230 = 1,3 A
Il che richiede, ad esempio, conduttori di piccola sezione, contatti di superficie limitata, ecc. Se si agisse sul secondario a 12V, si avrebbe a che fare con :
I = P / V = 300 / 12 = 25 A
il che richiede cavi di parecchi millimetri quadrati di sezione, contatti e connettori massicci."
Un secondo problema è che il transistor che abbiamo messo "prima" del trasformatore deve aprirsi e chiudere in base agli squilibri di tensione che ci sono "dopo" il trasformatore. Quindi sarà necessario effettuare una "retroazione" a anche chiamata feedback che dica al transistor quando aprirsi e chiudere. Inoltre tale transistor va alimentato in corrente continua e noi l'abbiamo messo prima del circuito di trasformazione in alternata del diodo, quindi prima del regolatore PWM dovrò metterci un'altro circuito raddrizzatore che lo alimenti composto di uno o più diodi e condesatori, tale circuito prende nome di "raddrizzatore di rete". Lo schema FINALE dell'alimentatore diventa quindi il seguente:
- La rete alternata viene passata in un raddrizzatore a ponte e successivo immancabile condensatore : adesso il PWM è alimentato come si deve, in corrente continua.
- Il PWM agisce su un trasformatore : questo serve a ridurre la tensione di picco, fornisce il necessario isolamento tra la rete e l' utente, oltre a fare parte integrante del funzionamento dello switch.
- Sul secondario avrò una tensione alternata. Allora ci metto un bel diodo per raddrizzarla e, all' uscita del diodo, ci metto pure il gruppo L-C per ottenere una tensione continua di buona qualità
- Fondamentale, il valore della tensione di uscita viene riportato al PWM per chiudere l' anello di regolazione con l' informazione di feebdack (retroazione) necessaria a controllare la variazione della larghezza dell' impulso in funzione della tensione voluta.
Questo controllo "all'indietro" del regolatore è la parte essenziale per mantenere stabile la tensione di uscita col variare della tensione di rete e della corrente del carico.
Per chiarire ulteriormente il senso di questa retroazione, possiamo tornare all' esempio della vasca d' acqua in cui vogliamo mantenere il livello costante : questo sarà possibile solo se chi regola il rubinetto tenga nello stesso tempo sotto controllo il livello del liquido . Questo "tenere sotto controllo il livello" è l' azione del feedback.
Il raddrizzatore di linea invece, più nello specifico si realizza grazie a un ponte di diodi (D1 negli schemi), il quale trasforma la corrente da alternata in continua e carica i condensatori successivi, solitamente una coppia, perchè il circuito classico dello switch principale necessita di una tensione intermedia (HV/2 nello schema). Si usa un ponte di 4 diodi (ponte di Graetz) e non un singolo diodo per poter raddrizzare entrambe le semionde della corrente alternata, ottenendo così una maggiore efficienza, oltre alla possibilità di implementare un sistema di "cambia tensione" senza altre parti aggiunte.
Dal raddrizzatore vengono prelevate due tensioni : HV pari alla tensione di picco e HV/2 pari alla sua metà. Questa disposizione è la tipica alimentazione dello stadio successivo, lo switch principale, nella configurazione detta half-bridge, molto usata negli alimentatori per PC. Ovviamente sono possibili altri schemi circuitali più o meno complessi a seconda delle esigenze del progetto. La stessa tensione raddrizzata alimenta il generatore della tensione di standby, che è descritto più avanti.
Va osservato che, dal momento in cui si è inserita la spina di rete nella presa (e chiuso l' eventuale interruttore, se presente) questa parte dell' alimentatore è sotto tensione e ci resta fino a che viene a mancare la rete.
Questo vuol dire che anche a PC "spento", ma collegato, la sezione ad alta tensione dell' alimentatore è attiva: se non viene avviato lo switch principale non sono prodotte le basse tensioni (a parte la Vstby), non girano ventole, ecc, ma tutta questa parte di circuito è connessa stabilmente alla rete con un relativo consumo. Spegnendo via sistema operativo il PC in pratica si spegne solo lo switch primario, ma non si isola l' alimentatore dalla rete. Questo va tenuto ben presente.
In parallelo ai condensatori si trovano due resistenze (R3 ed R4)c he servono a scaricarli in assenza di rete e due varistor (commercialmente noti come Zenamic o GeMov, nello schema indicati come ZNR1 e 2) che sono dei soppressori di sovra tensioni e proteggono i condensatori e gli stadi successivi da pericolosi impulsi presenti sulla tensione raddrizzata. Il loro funzionamento si basa sulla proprietà di particolari ossidi metallici di avere una elevatissima resistenza al di sotto di una certa tensione e di diventare conduttori quando viene superata questa soglia; dosando le miscele metalliche e gli spessori si ottengono "valvole di sicurezza" per una ampia gamma di tensioni.
Per dare un'idea finale più pratica del tutto notiamo, nell' immagine sopra, in primo piano i due condensatori cilindrici di tipo elettrolitico (in questo caso da 330uF 200V) e il ponte di diodi D1 (KBL406 - 400V e 6A nominali). Sul lato destro, un cavo rosso e uno nero collegano il circuito stampato alla presa rete. Più dietro, i condensatori e una bobina avvolta in filo rosso e bianco che appartengono ad una parte del filtro EMI (di cui parleremo più avanti). Dietro i condensatori si nota il radiatore alettato su cui sono montati i transistor dello switch principale e il commutatore del generatore della Vstby (di cui parleremo più avanti).
Ma che cosa è cambiato dal regolatore lineare a questo switching ?
- nel sistema lineare la riduzione della tensione e la sua stabilizzazione sono ottenute con l' aggiunta di una resistenza in serie, variabile, che agisce dissipando in calore l' energia in sovrappiù. Sostanzialmente, il sistema lineare assorbe una potenza maggiore di quella che rende e ne dissipa la differenza in calore : il rendimento è sempre minore di 1.
- il sistema a commutazione agisce, invece, parzializzando l' energia disponibile, ovvero non lasciando passare attraverso l' interruttore la parte che non serve. Teoricamente (ma solo teoricamente...) il rendimento è 1.
Il vantaggio sta proprio nel fatto che lo switching "non lascia passare" l'energia che non mi serve e quindi non deve buttarla via in calore, come invece deve fare il sistema lineare : sale il rendimento e scende la temperatura. Ovvero si riduce la necessità dei mastodontici dissipatori tipici degli alimentatori lineari. I quali hanno mediamente rendimenti non superiori al 50/60 %, mentre un alimentatore switch mode può benissimo arrivare andare dal 75% a oltre il 90%, con peso e dimensioni sensibilmente minori.
Perchè non 100%? Perchè se, teoricamente, il sistema dello switch ha perdite zero, nella pratica questo non è possibile e anche qui si ha una certa potenza persa e si genera calore.
Per aumentare il rendimento dal 75% ad oltre il 90% con i più recenti standard, si adottano soluzioni circuitali e componenti particolarmente raffinati, più complessi di quelli lineari perchè le perdite dipendono principalmente dalla commutazione del semiconduttore che funge da interruttore e dal complesso degli altri componenti necessari per il funzionamento, come i diodi di raddrizzamento. Tali soluzioni, per non appesantire troppo la trattazione, saranno oggetto di una seconda guida più avanzata e concorrono a conseguire il punto 6 della nostra lista. Quindi anche l'alimentatore switching scalda e consuma inutilmente potenza, ma lo fa in modo molto minore dell' equivalente lineare, per cui gli è preferito ogni qual volta sia necessario un rapporto ingombro/potenza/rendimento elevato. Ci stiamo quindi avvicinando alla forma finale che avrà l' alimentatore del nostro PC: il circuito comincia a diventare più complesso, e abbiamo finalmente risolto il punto 3 della nostra lista, ma non abbiamo ancora finito, perchè al PC servono più tensioni, più rendimento, meno inquinamento elettromagnetico, più sicurezza e quindi risolvere i punti 4, 6 e 7.
ELIMINAZIONE DEI DISTURBI: IL FILTRO EMI
Passiamo quindi senza indugi a sbrigarci il punto 4 della nostra "lista sacra", ovvero l'eliminazione dei disturbi. Tale problema si risolve passando immediatamente la corrente alternata ad alta tensione che entra nella presa in un appostio filtro che prende il nome di filtro EMI. Questo filtro ha lo scopo di bloccare a doppio senso sia la trasmissione di armoniche ad alta frequenza dall' alimentatore alla linea di distribuzione dell' energia elettrica, e sia i disturbi di alta frequenza presenti sull'alternata che possono creare problemi all'alimentatore.
Il blocco delle alte frequenze anche in uscita è fondamentale almeno quanto in entrata, in quanto lo switch (l'interruttore), quando commuta (quando si apre e chiude), crea fronti (sali-scendi di valori) ripidi e veloci, per cui si generano molte armoniche, anche a frequenza assai elevata*, che, se trasmesse sulla rete, andrebbero a disturbare apparecchi radio e TV vicini. Il filtro EMI, solitamente un insieme di bobine e condensatori, cerca di bloccarle.
*NOTA: per capire bene come questi ripidi cambiamenti di valore creano delle armoniche ad alte frequenze, ci sarebbe da studiarsi le trasformate di Fourier e altre cose complicate. Riassumiamo dicendo che ogni segnale può essere visto come somma di varie armoniche (segnali seno e coseno), e più rapidamente varia il segnale, più sono presenti armoniche ad alta frequenza. (un pò come in matematica una funzione può essere approssimata con una somma di polinomi)
Solitamente il filtro EMI corrisponde ad uno schema simile al seguente:
Si tratta di un classico filtro LC doppio: l' impedenza degli induttori (bobine) si oppone alla corrente quanto maggiore ne è la frequenza, mentre i condensatori, al contrario, diventano tanto più "trasparenti". In questo modo le correnti di disturbo ad alta frequenza sono bloccate e deviate verso la terra. Questo circuito mette l'accento su un'ulteriore caratteristica fondamentale di un alimentatore ovvero il collegamento a terra, senza il quale, a parte il rischio di folgorazione, si toglie efficacia a questo circuito di riduzione delle interferenze.
Va specificato che lo schema illustrato è da considerarsi un modello "di base" e può essere diverso a seconda del progetto del costruttore, complicandolo per rientrare nelle stringenti norme FCC americane, ma a volte anche semplificato a scopo di economia. Va da se che ogni costruttore impiega diversi componenti e schemi e il risultato dipende da quanto si è badato al costo piuttosto che alla qualità. Per questi motivi di seguito illustriamo due realizzazioni pratiche apparentemente molto diverse, ma che poi sono comunque riconducibili allo schema di base visto:
Un filtro EMI di buona qualità assemblato sul circuito stampato. La sezione di ingresso è composta da tre condensatori (gli scatolini chiari in basso) e da due bobine, di cui una avvolta su una ferrite toroidale, l' altra simile ad un piccolo trasformatore. Da notare la vite, in basso a destra con il simbolo della terra, che collega il punto comune dei due condensatori (C23/C25) alla massa generale per costituire una via di fuga alle alte frequenze di disturbo presenti in linea.
Un filtro EMI molto semplice, realizzato con diversi componenti. In primo piano sono visibili due dei condensatori C, rivestititi di una lacca isolante solitamente di un tipico colore blu, che li distingue facilmente dagli altri condensatori a pastiglia. E' evidenziato il collegamento alla massa comune che avviene con la vite T che è avvitata su una colonnina metallica a sua volta fissata alla scatola dell' alimentatore. A fianco e dietro, le due bobine L, avvolte su nucleo toroidale.
Infine c'è da sottolineare che i condensatori del filtro EMI costituiscono l'elemento critico, in quanto sono i pezzi che fisicamente subiscono le sollecitazioni dovute alle armoniche ad alta frequenza, quindi la loro qualità di primissima scelta risulta fondamentale per il corretto funzionamento del filtro.Ultima modifica di Danckan; 15-03-2012 alle 19:16
-
15-03-2012 14:26 #3
APPENDICE FACOLTATIVA SULL'EMI: Qualità del filtro, dalle stelle alle stalle
La qualità del filtro EMI è uno degli elementi su cui più piace giocare ai produttori. Lo schema descritto sopra, come accennato, può essere pesantemente complicato o semplificato a seconda della qualità che si vuole dare all'alimentatore e del relativo costo. Di seguito due esempi agli antipodi confrontati ad una soluzione intermedia:
In questo primo esempio una soluzione di medio livello in commercio nella fascia dei 40-60€:
Questo filtro, anche se non è il massimo, è abbastanza corretto: è costituito da due condensatori tra fase e neutro (CX) e da due bobine (LF1 e LF2), oltre ai classici condensatori CY dello schema.
Ora confrontiamolo con quello che succede con un alimentatore cinese da 15€, di quelli spesso venduti integrati nei case di fascia bassa:
Questo è un classico esempio di filtro fantasma ! Degli scarsi elementi che lo dovrebbero comporre, ovvero CX1, LF1 e i due CY, solamente questi ultimi sono montati sul circuito stampato. Degli altri c' è solo la serigrafia! La doppia bobina LF1 è sostituita da due ponticelli e CX1 non c'è del tutto. Oltre a questo, i CY non sono condensatori di sicurezza, ma componenti ceramici qualunque.
La sezione del filtro è una parte che ben si presta a questo genere di "omissioni", dato che la sua funzione non influenza direttamente il resto del circuito : lo scopo del filtro EMI è quello di rientrare nei limiti delle emissioni elettromagnetiche. Se non c'è, il resto funziona e pazienza per la salute e l' ambiente; l' importante (per il furbo produttore è risparmiare). Per il pollo-cliente, pare altrettanto. Ovviamente va da se che i logo delle eventuali certificazioni sono del tutto fasulli, in quanto un alimentatore del genere non potrebbe superarne alcuna. Ma se solamente si trattasse di emissioni elettromagnetiche: invece l' uso di elementi non a norme mette a rischio di folgorazione l' utente , oltre ai circuiti alimentati. Questa situazione è piuttosto comune nei prodotti cinesi low cost, che, tuttavia, presentano sulle etichette falsi marchi CE e a volte anche TUV, il che non facilita di certo l' utente nella scelta.
Vediamo ora in ultima analisi cosa vuol dire invece fare un filtro EMI di alta qualità, presenti sugli alimentatori di fascia alta:
I filtri EMI di alta qualità si dividono in due parti: una parte del filtro è installata sul circuito stampato e un'altra parte è integrata direttamente sulla presa (la scatoletta in metallo con la sigla 43461). Il costruttore si è particolarmente impegnato nell' attenersi alle normative più stringenti, aggiungendo un ulteriore gruppo resistenza-condensatore (fissato sopra la presa con una fascetta).
Lo schema complessivo è circa il seguente:
Il filtro integrato nella presa è disegnato nel rettangolo tratteggiato. Ad esso fa seguito l' interruttore di rete, che isola entrambi i conduttori, poi, in serie, il fusibile F1 e TR1, che è il limitatore di sovracorrente iniziale. Da notare che questo filtro è posto direttamente sulla presa a cui si collega il cavo di alimentazione che proviene dalla rete, quindi, anche con l' eventuale interruttore posto su OFF, esso è sotto tensione. Segue il filtro installato sul circuito stampato che abbiamo visto precedentemente, costituito da una doppia bobina e da due condensatori come nella prima delle tre foto; questa parte anti disturbo precede il ponte raddrizzatore.
Nei modelli più recenti, non è il produttore a creare la presa filtrata come nella foto sopra, ma viene assemblata direttamente una presa con filtro EMI integrato, e al produttore resta da ricreare solo la seconda parte del circuito sul PCB principale. Tale soluzione aumenta ancora più la qualità complessiva ed offre un layout generale più pulito:
Per rendere il dispositivo definitivamente sicuro ed assolvere al punto 7 della lista vengono introdotti alcuni piccoli elementi di sicurezza per situazioni estreme, che abbiamo già intravisto ma che vale la pena di specificare. Questi elementi vengono inseriti tra il filtro EMI e il raddrizzatore di linea, quindi prima di arrivare al trasformatore, il PWM e tutte le parti più delicate del circuito:
-PTC: Acronimo di "Positive Temperature Coefficient", è una resistenza che altissima diminuisce all'aumentare della temperatura e ha il classico formato a pasticca nera utilizzato anche dai condensatori. Il suo scopo è quello di limitare il fortissimo impulso di corrente che si ha all'accensione dell'alimentatore. Questo impulso, che può essere anche di molte decine di ampere, ha la durata di pochi millisecondi ed è dovuto alla corrente di carica dei condensatori elettrolitici dopo il ponte raddrizzatore.
Simbolo Circuitale
Il termistore PTC è la pastiglia colore nero al centro della foto (TH1 sulla serigrafia del circuito stampato). Negli schemi elettrici, ci si riverisce ad esso con il nome RV o Tv. A fianco si nota il fusibile.
Il termistore PTC, all' accensione, è freddo e ha una resistenza molto alta; questo limita il valore della corrente ad un valore ragionevole a non creare danni ai conduttori e agli altri componenti interessati e a non far scattare eventuali protezioni dell' impianto di alimentazione della rete. A mano a mano che la corrente carica i condensatori, il PTC si scalda e riduce la sua resistenza, fino a che diventa trascurabile. Il picco di corrente viene smorzato e l' alimentatore assume la sua corrente di ingresso tipica, dipendente dal carico applicato. In realtà questo specifico componente è chiamato impropriamente PTC, perchè il suo nome reale sarebbe NPC "Negative Temperature Coefficient", ma viene fatta molta confusione in merito, qunindi di seguito continueremo a chiamarlo con la sua nominazione più diffusa.
-Varistor: sono delle resistenze non lineari che presentano un valore molto elevato fino ad una certa tensione per poi ridursi a valori bassissimi oltrepassata questa. Lo scopo è quello di cortocircuitare sovratensioni di breve durata, ma elevata energia, che i condensatori non sarebbero in grado di assorbire. Questi varistor si comportano, quindi, come corto circuiti a massa per tensioni superiori a quelle limite, salvaguardando i componenti successivi. Solitamente posti a valle del fusibile, hanno l' effetto di farlo fondere se l' impulso di sovratensione dura sufficientemente a lungo.
-fusibile: è l'elemento di sicurezza "definitivo", ed è composto da un filamento conduttore che, se sollecitato pesantemente, si fonde comportandosi come un circuito aperto che blocca permanentemente l'alimentatore.
Lo scopo del fusibile non è salvare l' alimentatore, ma piuttosto salvare la rete e l' utilizzatore dal guasto dell' alimentatore ed evitare che una corrente eccessiva provochi gravi danni, come esplosione dei condensatori o incendio. Quindi se si verifica una situazione così drammatica da far fondere il fusibile i transistor del PWM sono già ampiamente defunti e l'alimentatore è inservibile. Unica rara situazione in cui il cambio del fusibile potrebbe essere utile è quella che la sua bruciatura sia dovuta all' intervento dei varistor che ha cortocircuitato un impulso di sovra tensione e che questa non abbia danneggiato nulla a valle. Siccome il fatto è estremamente improbabile e in tutte le altre situazioni il ripristinare il fusibile senza aver rimosso le cause della bruciatura sarebbe non solo inutile, ma anche assai pericoloso, ecco che il fusibile stesso non è accessibile e nella maggior parte dei casi viene saldato al PCB principale dell'alimentatore, non rendendolo sostituibile.
In alcuni casi il fusibile è invece attaccato su un apposito supporto a molletta estraibile, ma anche allora, è sconsigliabile procedere alla sua sostituzione per i motivi sopraindicati.
L'ALIMENTATORE AT: INTERNO
Quello detto sin ora è valido per qualsiasi tipo di alimentatore generico, entre gli standard utilizzati per realizzare i personal computer dipendono tutti dalla struttura del primo PC IBM, in cui, per ragioni di praticità, l' alimentatore era posto sul retro dello chassis. Dopo aver visto come risolvere tutti i principali compiti a cui è chiamato un alimentatore è ora arrivato il momento di specializzarci negli alimentatori per i comuni personal computer alimentati dalla rete, per i quali i successivi sviluppi hanno portato dapprima ad uno standard detto AT, poi all' attuale ATX ed alle sue espansioni.
Nell immagine qui sotto sono schematizzate alcune possibili soluzioni circuitali di quello che è il tipico contenuto nella scatola dell' alimentatore. Non si tratta di schemi elettrici dettagliati, ma solo di semplificazioni, indicanti solamente i blocchi delle funzioni principali. In realtà i componenti impiegati sono parecchi.
NOTA: nei disegni seguenti, a differenza di quelli dello switching mode, il blocco PWM che indicava l'intero circuito di stabilizzazione viene diviso nel blocco PWM che indica solo il circuito di controllo, e il blocco power switch che comprende quello del transistor-interruttore con eventuali componenti di ridondanza annessi.
Nel caso qui sopra, il controller PWM si trova dallo stesso lato del commutatore di potenza (power switch). Il segnale del feedback, opportunamente trattato da vari componenti elettronici, viene isolato attraverso un trasformatore o, più comunemente, un isolatore ottico. Questa configurazione è tipica dei circuiti detti flyback.
Nei circuiti detti half-bridge, solitamente il controller PWM è sistemato sul lato a bassa tensione e comanda lo switch di potenza attraverso un trasformatore (T2) che lo isola dalla sezione a tensione di rete. In genere questa è la soluzione più diffusa, con tutte le possibili variazioni che il progettista ha applicato.
Ripetiamo che queste sono solo semplificazioni e che, in pratica, le soluzioni circuitali sono molteplici, a seconda del circuito integrato usato come controller PWM, della struttura dello switch di potenza, ecc. , con differenti sistemi di isolamento, più o meno trasformatori, diverso dimensionamento dei componenti e così via. Quindi gli schemi proposti sono solo esemplificativi e possono differenziarsi moltissimo da quello del vostro alimentatore, sopratutto se si tratta di prodotti della tecnologia più recente. Comunque, per ogni diversa soluzione, la schematizzazione qui sopra è adeguata a descrivere le funzioni principali.
Per passare dallo schema elettrico alla realizzazione pratica, quando apriamo il coperchio dell' alimentatore, questo è quello che si vede:
Sulla fotografia sono state sovra impresse le aree relative ad ogni funzione principale. Sulla sinistra, che corrisponde al lato dell' alimentatore interno allo chassis, vediamo uscire, isolati e bloccati con passacavi in plastica nera, l' abbondante fascio di fili della bassa tensione e il cavo nero che collega l' interruttore esterno. La maggior parte dei componenti elettronici sono saldati su un circuito stampato, fissato sul fondo del contenitore con quattro colonnine distanziali e, solitamente, isolato con un ulteriore foglio di materiale plastico.
L'ALIMENTATORE AT: ESTERNO
Gli elementi esterni di un alimentatore AT possono essere così sintetizzati:
Scatola:- è in metallo, sia per motivi di sicurezza e di schermatura elettrica che per dissipare il calore.
- solitamente è in lamiera metallica anti ossidante o trattata anti ossidazione, ma può essere anche in alluminio oppure verniciata o metallizzata in diversi colori
- Ha dimensioni che corispondono ad alcuni standard (PS/2, PS/3, NLX, SFX, ecc), ma anche a discrezione del costruttore a cui i clienti OEM richiedono soluzioni speciali.
- Serve da supporto e protezione dai contatti accidentali per il circuito stampato ed i vari elementi che compongono l' alimentatore
- E' forata per permettere la circolazione dell' aria di raffreddamento
- Possono esserci altri elementi non standard, come manopole o pulsanti per l' impostazione della velocità delle ventola, spie luminose che verificano stati di funzionamento, sistemi di allarme per ventole o sistemi ridondanti, ecc.
Presa di alimentazione rete:- Si affaccia sul lato che si affaccia sul retro del PC e permette di collegare il cavo di rete.
- Come standard è un modello DIN a due poli più terra
Eventuale interruttore e presa ausiliaria:- Questi elementi sono opzionali e possono non essere presenti.
- Serve per poter collegare all'alimentatore un dispositivo aggiuntivo oltre al computer, come ad esempio il monitor.
Eventuale cambia tensione: (nell'immagine sopra l'elemento rosso tra presa primaria e ausiliaria)- permette di adattare l' alimentatore alle diverse situazioni della distribuzione elettrica nazionale, solitamente tra 110V (USA) e 230V (Europa)
- può essere assente sia perchè il costruttore ha previsto la vendita su un solo mercato, sia perchè i sistemi più recenti sono in grado di adattarsi automaticamente nell'intero range.
- se presente deve essere correttamente impostato sulla tensione europea a 230V per evitare guasti e malfunzionamenti.
Ventola di raffreddamento:- solitamente il raffreddamento degli alimentatori PC avviene ad aria forzata, mossa da una o più ventole
- esistono soluzioni prive di ventola, perchè a raffreddamento passivo oppure ad acqua
Cavi bassa tensione:- uno o più fasci di cavi, dotati di connettori, per collegare la scheda madre e le varie periferiche
- il colore dei cavi ed il tipo dei connettori è definito da vari standard
Interruttore di rete:- presente solo sugli alimentatori AT, non su quelli ATX, va posto nel case in corrispondenza del tasto di accensione del PC.
- può avere un cavo verde-giallo ad occhiello da collegare al metallo del case dell'alimentatore per fornire un'ulteriore messa a terra di sicurezza.
DA AT AD ATX: INTERNO
L'attuale standard per gli alimentatori PC desktop (salvo casi rarissimi) è quello ATX che è una direttissima evoluzione dello standard AT già illustrato. Di conseguenza il passaggio da AT ad ATX è estremamente semplice; anzi, inizialmente, prima di essere riconosciuto come standard a parte, gli alimentatori ATX erano considerati sei semplici AT in cui erano state integrate delle patches per adattarli alle nuove esigenze dei computer moderni. Considerazioni analoghe si possono fare per tutti gli altri componenti di un PC, come ad esempio le schede madri che da standard AT sono passate a quello ATX.
In effetti, per passare ad ATX occorre aggiunge essenzialmente due cose :
- un numero maggiore di tensioni di uscita richieste dalle nuove tecnologie con cui sono realizzati processori, memorie, schede video e gli altri componenti di un PC
- la disponibilità di una tensione di standby per l'avviamento remoto e per gli stati di ibernazione e risparmio energetico ( vedi C6 e simili)
e queste sono le reali differenze tra i due standard.
In sostanza, ATX nasce per offrire una maggiore varietà di prestazioni, le più importanti collegate ai sistemi operativi che possono essere avviati con un comando remoto, passare in condizione di attesa a basso consumo, spegnersi da soli alla chiusura del sistema operativo, ecc.
Con il passare del tempo, si sono avute più versioni di ATX, principalmente in relazione alle mutate esigenze di alimentazione delle CPU : più potenza a tensioni più basse.
Modifichiamo allora lo schema base AT, aggiungendo la tensione di standby e l' alimentatore ATX è servito:
Semplificando, si tratta proprio solo di aggiungere questa Vstby, generata da un circuito a parte, che, per convenienza, utilizza il raddrizzatore D1 e condensatori Cc già esistenti. Tutta la parte di circuito che non dipende dallo switch di potenza, è attivo sempre, indipendentemente da tutto il resto, fino a che è collegato alla rete.
La tensione di stand by ha un valore tipico di 5V, che è quello delle logiche TTL e che per lungo tempo (E ancora adesso) è il riferimento di alimentazione principale dei circuiti digitali. Questa tensione va ad alimentare alcune parti della scheda madre ed eventualmente quelle parti da cui può partire il comando di riavvio remoto, come la scheda di rete, la tastiera, il mouse, il modem interno, ecc., ma non la CPU nè i suoi circuiti collegati.
Per questo la potenza richiesta sulla tensione di stand by è piuttosto piccola rispetto alle esigenze complessive del sistema: la normativa ATX 2.0 prevede la possibilità di disporre di 10W (ovvero di 2 A a 5V), ma è normale che molti alimentatori diano valori più bassi arrivando anche al di sotto di 1W (Erp Lot 6).
Perchè tale modifica abbia senso, l'interruttore d'accensione dell'alimentatore non coinciderà più con l'interruttore di alimentazione del PC e verrà posto (opzionalmente) sull'alimentatore stesso. Di conseguenza un alimentatore ATX necessita di una scheda madre ATX che possieda appositi connettori di collegamento tra scheda madre-alimentatore e scheda madre-case:
Anche la logica di spegnimento subisce una forte modifica, in quanto gli odierni sistemi operativi, essendo multi-task molti sotto-programmi (processi) sono attivi anche se l'utente non sta eseguendo alcuna operazione particolare. Tali processi, se spenti brutalmente, portano a danneggiare vari files che servono al sistema stesso per operare, ed al successivo riavvio, porteranno alla visualizzazione di messaggi di errore ed eventualmente alla necessità del sistema di riavviarsi, in modalità provvisorie per cercare di riparare i danni. Quindi è necessario che sia il sistema operativo e non l' utente a stabilire il momento dello spegnimento. Resta comunque possibile ignorare tale procedura di sicurezza tenendo premuto per 4-5 secondi il tasto di accensione del case e impartendo all'alimentatore, tramite la scheda madre, un comando di arresto immediato, ma è un modo di spegnere il computer da riservare solo ai casi di forza maggiore in cui quest'ultimo rimane bloccato.Ultima modifica di Danckan; 15-03-2012 alle 21:01
-
15-03-2012 20:29 #4
Perchè per un certo tempo? Semplicemente perchè, come abbiamo appena detto, ATX non è previsto per essere spento a mano e si deve evitare che una pressione errata del pulsante possa arrestare inopinatamente il sistema; inoltre, abilitando le opportune risorse sulla scheda madre, il pulsante permette, se premuto brevemente, di portare il PC in una condizione di stand-by o sleep in cui non si abbandona il sistema operativo, ma si passa in una condizione a basso consumo, per poi riportare il sistema in attività cn una nuova pressione del pulsante.
Nella foto qui sotto è visibile un alimentatore ATX aperto. Se compariamo questa immagine con quella del modello AT vista in precedenza, non ci troviamo poi tante differenze:
Se confrontiamo questa immagine con quella analoga dell' alimentatore AT, vediamo che, sostanzialmente, la disposizione delle parti è la medesima; ad uno sguardo distratto, le piccole differenze che riguardano il circuito stampato non sarebbero afferrate. Nell' esempio qui sopra c' è stato un piccolo adattamento per ospitare la parte relativa alla tensione Vstby e quella a 3.3V, di cui parleremo più avanti e una maggiore cura per il controllo delle emissioni elettromagnetiche rispetto all' equivalente AT, di cui ricalca lo schema base. I trasformatori T1 in arancio e in rosso servono per ottenere rispettivamente le linee a 12V e 5V.
L'interruttore:
L'interruttore su un alimentatore ATX, integrato sul retro dell'alimentatore stesso, non ha ovviamente lo stesso sesso significato di quello presente su un alimentatore AT. Quando presente esso agisce, staccando la tensione il collegamento in entrambi i sensi (interruttore bipolare) subito dopo la presa con relativa prima parte del filtro EMI:
Da osservare che la continuità del cavo di terra, che costituisce l' elemento di sicurezza per l' utente, non viene mai interrotta: a meno di scollegare il cavo di rete, il collegamento a terra deve essere sempre presente.
Ecco invece come si presenta visto dall'interno l'interruttore:
I cavi blu e marrone provengono dalla presa di rete e vanno al circuito stampato principale. Questi cavi sono semplicemente saldati sui morsetti dell' interruttore. Questa è la soluzione più economica, mentre una soluzione di medio livello potrebbe consistere nell'isolare i contatti con guaine. Peraltro questi contatti sono previsti per l' impiego di terminali tipo Faston ed è possibile che un costruttore disposto a spendere qualche soldo in più li utilizzi.
Se esiste un filtro montato direttamente sulla presa di rete, come abbiamo visto precedentemente, l' interruttore si troverà tra questo e il filtro sul circuito stampato. Nella foto, ad esempio, si nota sotto l' interruttore un grosso condensatore giallino e alcune resistenze che fanno parte di questi filtro extra.
Ci si potrebbe chiedere a che scopo mettere l'interruttore. In pratica, per due ragioni :- in primis, la possibilità di separare dalla rete il computer nel caso di temporali o lunghe fermate senza dover togliere la spina dalla presa, il che potrebbe essere scomodo
- in secondo luogo, per permettere di operare in sicurezza all' interno dello chassis
Su questo secondo punto si possono fare tre considerazioni :
- Se lasciamo il cavo di rete inserito nella presa, l' alimentatore ATX mantiene attiva la tensione di Vstby, che vedremo descritta in dettaglio più avanti e quindi rende rischioso sostituire, inserire, togliere qualunque componente della scheda madre che sia interessato da questa tensione. Inoltre basta una manovra poco attenta, come un cacciavite o una vite che sfuggono cadendo sul circuito stampato per fare un danno
- Se la Vstby è presente, risulta impossibile cancellare la RAM CMOS, perchè essa è alimentata tanto dalla batteria, quanto dalla tensione di stand-by e, manovrando il jumper di cancellazione, non si ottiene nulla. Occorre togliere completamente la tensione di rete all' alimentatore
- Inoltre, per norma di sicurezza generale, mai da dimenticare, MAI operare all' interno di apparecchiature collegate alla rete senza escluderla. Ci sono fior di isolamenti, ma non avendo le nove vite del gatto, quella sola attualmente disponibile va considerata.
Anche per gli interruttori, come per altri componenti dell'alimentatore, il rischio di poter avere un prodotto di qualità scarsa è dietro l'angolo, soprattutto per i prodotti più economici. Sono stati riscontrati infatti alcuni casi di interruttori unipolari, ovvero che staccano la linea da un solo lato quando spenti, e che ovviamente non forniscono i livelli di sicurezza ed isolamento sopra descritti. Ne presentiamo qui un breve esempio:
Al centro si vede l' interruttore (di colore nero) a cui sono saldati gli estremi di un cavo rosso che collega la presa di rete con il circuito stampato. L'altro cavo della rete è quello nero visibile in primo piano e che, non essendo interrotto, congiunge direttamente la presa con il circuito stampato. Il tipo di interruttore usato non è, purtroppo, riconoscibile in alcun modo dal di fuori, perchè il suo aspetto sull' esterno è identico, sia che esso sia doppio oppure singolo; occorre aprire l' alimentatore.
ATX: ESTERNO
Anche esternamente si presentano del tutto simili, tanto che, senza osservare con cura alcuni particolari, possono essere facilmente confusi. Questa somiglianza è dovuta principalmente alla necessità di occupare lo stesso volume fissato dallo standard e in secondo luogo, dalla stretta somiglianza delle funzioni svolte. Quello che sicuramente viene a mancare è l'interruttare d'accensione via filo.
Per il resto non esiste uno standard preciso. La presa ausiliaria può esserci o meno, così come il cambiatensione, e il pulsante d'accensione direttamente sull'alimentatore. Anche le ventole possono essere una o più collocate in differenti posizioni come nell'esempio qui sotto:
Tuttavia, cieserie a parte, anche non esistendo uno standard categorico che vincoli i produttori, gli alimentatori ATX da livello medio a salire hanno tutti delle caratteristiche di base abbastanza simili:
- Mancanza della presa ausiliaria in quanto praticamente inutile con le recenti periferiche
- Mancanza del cambiatensione in quanto si adatta automaticamente ai diversi standard
- Unica ventola di grosse dimensioni posta sul lato più grande
- Pulsante di collegamento/isolamento dalla rete sempre presente nei pressi della presa
Per concludere, una tabella che riassume ordinatamente le principali differenze tra AT ed ATX:
CONSIGLI PER L'ACQUISTO
A valle di tutta la recensione alcune rapide regole utili per evitare di comprare alimentatori di bassa qualità che potrebbero danneggiare il computer o inconsapevolmente voi stessi:- evitare di acquistare alimentatori economici : un power a 15 euro nasconde sicuramente la sorpresa
- evitare alimentatori extra leggeri : se è troppo "lieve" il peso, è perchè il costruttore ha economizzato su qualcosa
- evitare di acquistare alimentatori no-name, per i quali non c'è verso di trovare su Internet un sito del costruttore
- per ultimo, si può provare a dare una sbirciatina all' interno, attraverso le feritoie di aerazione ed osservare se sul circuito stampato ci sono i componenti o sono solo disegnati
NOTA FINALE:
Dopo essere arrivati step-to-step alla costruzione di un alimentatore ATX e visto le varie problematiche ed insidie relative all'area di input della corrente fino alla sua trasformazione in continua, questa prima guida sull'alimentatore termina qui. Una seconda guida avanzata completamente focalizzata sugli alimentatori ATX e complementare a questa, mostrerà invece cosa avviene dopo la trasformazione, quindi: creazione delle tensioni ausiliare, filtraggio di uscita, cablaggio di uscita ecc. Inoltre sarà dato maggiore attenzione alle soluzioni per il miglioramento dell'efficienza energetica accennate nel punto 6 della lista "principale" e su cui non è stato possibile scendere ulteriormente nel dettaglio per non appesantire troppo il discorso.
-
15-03-2012 22:07 #5
-
16-03-2012 13:51 #6
Wow, devo leggerla con calma..devo prendermi un pomeriggio
haha!!! Ottimoo lavoro Daniele, come sempre!!
Alex
-
16-03-2012 16:59 #7
Gran bel lavoro Daniele!
Intel Core i5-2500K + NVIDIA GeForce GTX 670 ~ Apple MacBook Air '12 ~ SteamID
-
17-03-2012 00:46 #8
-
17-03-2012 10:43 #9
-
17-03-2012 12:43 #10
interested buyer should visit our website to buy esellibuy.com
For Sale New Apple iPhone 13 5G...